
“Casa Marino“ e i doni della pecora.
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L’agriturismo “La Porta dei Parchi“ è uno di quei luoghi dove le immagini sono più eloquenti delle parole.
L’incanto d’intorno è palpabile.
Una natura pressoché incontaminata scatena ogni sorta di emozioni.
Ma non sarebbe sufficiente.
C’è l’esigenza di descrivere quel profluvio di sensazioni che t’invade al cospetto di tanta bellezza quando tracìma dall’alveo ristretto dell’anima e ci si predispone all’attesa paziente di una parola rivelatrice che possa affiorare ai bordi della coscienza,sì da afferrarla e declamarla prima che ricada nelle profondità obliate degli abissi interiori.
Descrivere il paesaggio sarebbe cosa buona e giusta ma non bastevole nella scontata litanìa delle esternazioni di ogni attento visitatore.
Raccontarsi...forse avrebbe più il gusto di qualcosa di speciale.
Raccontare l’esperienza della scoperta,le relazioni intessute,e quanto tutto questo abbia modificato la morbida sostanza del proprio “sé“,impercettibili mutamenti che ogni scambio di energia nell’universo comporta.
Raccontare l’alterità significherebbe essenzialmente svelare chi siamo per interposto soggetto.
Cercare simili contesti ambientali può far sorgere il dubbio che si vadano sfuggendo gli uomini,le conversazioni alla leggera che danno quel sottile senso di nausea,quella solidarietà che si rivela un calore ingannevole o transeunte.
Sempre alla ricerca di un intimo appagamento,ipotizziamo scenari psicologici e materiali più favorevoli lontani dalle nostre consuete condizioni.
Fino a comprendere che il vero amore,lungi dall’essere la naturale risultante del fraseggio interpersonale,è un’attitudine che è una scelta,non una necessità.
A contatto con la natura si risvegliano sensi ormai sopiti,l’allegrezza del cinguettìo del cuore.
La veste sontuosa e satura dei colori accesi di prati e radure è un balsamo per occhi affaticati da nebbie e grigiori metropolitani.
Ma forse il senso del viaggio,della fuga,sia pur temporanea,dalla civiltà è da rintracciare nel bisogno di prendere le distanze dal mondo che lo riconsegnino al dominio del sogno e del vagheggiamento,dove riluce la bellezza e si rinnova la speranza.
Da presso infatti le cose consuete dei quotidiani inferni mostrano le piaghe delle sofferenze che innervano il cosmo.
Di contro...lontano da casa...nuovi scenari...inedite combinazioni esistenziali recano con sé il dono di una ritrovata innocenza da cui ripartire alla sempiterna ricerca della felicità.
La Domenica,alla “Porta dei Parchi“,c’è un’animazione insolita.
Complice una splendida giornata di sole,la voglia della gita fuori porta ha riunito da ogni dove un nutrito gruppo di ospiti che si accalcano nel minuscolo e profumatissimo “punto vendita“ per acquistare porzioni di autentiche prelibatezze gastronomiche.
Gli amici di “Casa Marino“...nella fattispecie Antonio Marino,Rosario Tiso,Fabio Guzzo e la leggiadra Romina...hanno deciso di cominciare a fruire dei prodotti legati all’adozione della pecora “Roberta“ partendo da una selezione di ricottine aromatizzate,un formaggio pecorino stagionato e “muffato“,un assaggio di “Violino del Sagittario“ e un paio di vasetti di crema ai carciofi e tartufo che richiama la croccante giacitura di una bruschetta.
Il rapido giro in azienda precede la visita all’abitato di Anversa degli Abruzzi,a poche centinaia di metri di distanza dopo una ripida discesa a valle,e la sosta per il pranzo:ci attende la calda alcova del ristorante “La Fiaccola“.
Ormai,fra i pochi coperti,nella linda sala d’ingresso del locale,ci sentiamo accolti come in famiglia,tale è il calore umano che promana dai gesti e dagli sguardi del titolare-chef,della moglie affaccendata fra cucina e avventori e della figlia,impegnata in un cortese,preciso,puntuale servizio ai tavoli.
Nell’azzurrità dei suoi occhi limpidi e chiari e nello sguardo aperto,tutto il candore e la purezza del luogo si incarna e balena a tratti,come un gioiello seminascosto fra numerosi oggetti e il via vai dei clienti che ne sono inconsapevole contorno.
Il pranzo è un inno all’alta qualità delle materie prime,formaggi della “Porta dei Parchi“(il “festival“ di ricottine “aromatizzate“...) e salumi(deliziosi quello di fegato e di carne di capra...)su tutto,e alla naturale creatività del cuoco-patron,espressa soprattutto da un agnello “porchettato“ ed un coniglio in umido da leccarsi i baffi.
Una sortita attraverso le gole solcate dal fiume “Sagittario“ sono lo spettacolare coronamento di un’esperienza fantastica e appagante e il ritorno a Foggia,lungo l’autostrada,produce l’effetto di moltiplicare il piacere,nella rievocazione dei momenti ancora palpitanti di vissuto della giornata che volge al declino.
Si prospetta un cena per mercoledì.
A “Casa Marino“ fervono i preparativi...
Giunge la sera del 6 Aprile 2011:è di nuovo cena sociale a “Casa Marino“.
Attorno al desco due assolute novità muliebri:Maria Rosaria e Romina.Il guadagno estetico e sostanziale è evidente.
La contemporanea assenza di Antonio Lioce(strutturale) e Roberto Pontone(accidentale) mantiene inalterato il numero dei partecipanti al “simposio“:con Antonio Marino,Fabio Guzzo,Enzo Di Leo e il sottoscritto siamo in sei.
Una ricca “bruschettata“ ha preso il posto dell’antipasto e del “primo“.
La crema tartufata ammanta di sapore fette grigliate di ottimo pane casereccio,affiancate da classiche bruschette al pomodoro.
A seguire la variopinta sequela delle ricottine aromatizzate.
Spiccano per eleganza e raffinatezza quella al fumo di ginepro(pluridecorata specialità...),all’aglio,all’erba cipollina,al peperoncino.
Un assaggio della rarità gastronomica passante sotto il nome di “Violino del Sagittario“ divide i commensali.
Decisamente particolare nel gusto, il Violino di Pecora viene prodotto con le cosce di questo ovino lavorate e insaporite secondo tecniche tradizionali con sale,pepe,ginepro,alloro,vino per poi essere messo a stagionare.Il risultato è una carne speziata e dal profumo intenso con note di selvatico.
Non capita tutti i giorni di assaggiare un prosciutto di pecora dal sapore così forte:un vero rebus gustativo!
Alla fine lo apprezziamo in due,Antonio e Rosario,a fronte di una diffusa perplessità.Al di là di un inevitabile relativismo valutativo si intuisce comunque l’eccezionalità del prodotto.
Un sapido,succulento,intenso,aromatico pecorino “muffato“ risulta il pezzo forte gastronomico della serata.
Per finire una portata mutuata dal menù della “Fiaccola“:ricotta cosparsa di miele e scaglie di mandorle.
Fondamentale la freschezza della ricotta per un dolce così atipico.
Ai vini è toccato l’arduo compito di irrorare degnamente sì raffinate libagioni e contrastarne una persistenza aromatica pressoché infinita.
Da menzionare nell’ordine:Camelot 2006 di Firriato,Aries 2007 di Ciavolich e Riesling Scharzhof 2009 di Egon Muller.
Il Camelot si è confermato il solito grandissimo vino:rosso rubino intenso,frutti rossi in confettura,un pò erbaceo come si confà ad un cabernet-merlot di razza ma anche speziato,dolce,di corpo voluminoso con tannini setosi e finale lunghissimo.
Ma la vera sorpresa è stato l’Aries.
Può un vino dall’affascinante colore giallo-oro,dal profumo mielato di ananas e spezie,morbido e strutturato,nocciolato,persino minerale essere un “Pecorino“?
Nello stupore generale,con un presumibile passaggio in legno,da vero bianco da competizione,l’Aries ha dato il meglio di sé man mano che si riscaldava nel bicchiere,sciorinando un bouquet di rara complessità per la tipologia.
La chiusa l’abbiamo affidata ad Egon Muller.
Un autentico vino da meditazione per momenti da ripensare e ricordare intensamente ancora a lungo,negli anni di là da venire.
. ROSARIO TISO
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