
Conte al Parlamento in vista del Consiglio Europeo straordinario sul Quadro Finanziario
Le comunicazioni del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte al Parlamento in vista del Consiglio Europeo straordinario sul Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027.
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Comunicazioni del Presidente Conte al Parlamento in vista del Consiglio Europeo straordinario sul Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027.
Signor Presidente, gentili deputate e gentili deputati
Signora Presidente, gentili senatrici e gentili senatori,
ho ritenuto doveroso, nel rispetto della centralità del Parlamento, aggiornarvi in vista del Consiglio Europeo straordinario di domani a Bruxelles, che sarà dedicato come da programma al Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027.
Reputo infatti fondamentale, come accaduto alla vigilia dei precedenti Consigli Europei nei quali era in agenda il Quadro Finanziario Pluriennale, che la mia partecipazione al negoziato sia preceduta da una compiuta discussione in Parlamento anche se trattasi di un Consiglio straordinario e la comunicazione del Presidente a stretto riferimento normativo non è necessaria.
Il Consiglio Europeo è chiamato a raggiungere un’intesa su qualità e quantità del bilancio europeo che, nei sette anni che abbiamo davanti, servirà a dare attuazione alle politiche dell’Unione Europea.
Un tratto caratterizzante di questo negoziato è che gli obiettivi delle politiche europee, nel periodo 2021-2027, hanno un’elevata incidenza su tutti i settori della vita dei cittadini del nostro Paese e dell’intero continente e che ciò avviene all’interno di uno scenario caratterizzato dall’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea e da crescenti tensioni, caratterizzate da un marcato tratto neo-protezionista.
Video: Roma durata 22 minuti
Nel prossimo settennato le politiche europee dovranno affrontare sfide complesse, ne cito alcune: la “transizione verde”; il governo europeo dei flussi migratori; il rilancio della crescita e dell’occupazione.
Dopo la lunga crisi economica che ha accentuato le disparità territoriali e acuito le disuguaglianze, la Politica di Coesione dovrà, più che in passato, contribuire a ripristinare la convergenza fra territori e assicurare maggiori e più dignitose opportunità di lavoro, soprattutto per i più giovani.
La Politica Agricola Comune dovrà continuare a tutelare un settore importante dell’economia europea, salvaguardando e valorizzando al contempo il patrimonio naturale e culturale, anche nell’ottica della transizione verde.
A fronte di queste complesse sfide, qual è la situazione del negoziato prima dell’incontro che avrà luogo domani e che il Presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, vorrebbe fosse conclusivo?
Ecco. Rispondiamo a questa risposta. Quanto alla situazione del negoziato, la proposta che il presidente Michel ha fatto circolare il 14 febbraio apporta alcuni - mi permetto di sottolineare lievi - avanzamenti rispetto al precedente quadro negoziale della Presidenza finlandese, che era stato fortemente criticato da numerosi Stati Membri, dalla Commissione e dal Parlamento Europeo.
È apprezzabile, ad esempio, che si prosegua lo sforzo di semplificazione (riducendo i programmi europei da 58 a 37 rispetto all’attuale programmazione) e di modernizzazione del bilancio, ribadendo gli obiettivi di spesa da destinare ad azioni a tutela dell’ambiente.
La proposta del presidente Michel rimane comunque inadeguata al raggiungimento degli obiettivi dell’Unione, definiti dall’Agenda strategica dei leader e dal programma della Presidente della Commissione europea.
Il Vertice di domani a Bruxelles appare dunque e si preannuncia complesso e delicato, perché basato su una proposta che non rispecchia le attese di dotare l’Unione Europea di strumenti innovativi o anche solo adeguati all’elevata posta in gioco sulle priorità, sia quelle più “tradizionali”, sia le “nuove”.
Questa preoccupazione è condivisa anche dal Parlamento Europeo, che - come il presidente Sassoli e la medesima presidente von der Leyen mi hanno indicato già martedì 4 scorso a Bruxelles - non esiterebbe il Parlamento a bocciare un bilancio inadeguato su obiettivi e politiche quali la crescita, il lavoro, la “transizione verde”, la coesione, la politica agricola comune, la migrazione.
Ieri mattina c’è stato un incontro tra il Presidente Charles Michel e i Presidenti dei gruppi politici e anche della Commissione sul bilancio che ha confermato tutte le perplessità da parte degli esponenti del Parlamento che hanno interloquito con il Presidente Michel - questo ci è stato riferito.
In merito all’approccio italiano, in questo Consiglio Europeo straordinario desidero innanzitutto richiamare gli aspetti qualificanti della nostra posizione, che rimane coerente con quanto da me illustrato lo scorso dicembre e con la risoluzione adottata - sempre a dicembre scorso - da questo Parlamento sul tema del bilancio europeo.
L’Italia punta a un adeguato volume complessivo del bilancio, a una corretta distribuzione delle risorse tra politiche tradizionali e nuove priorità, alla definizione di criteri allocativi equi, alla riforma dal lato delle entrate.
Non posso nascondere la nostra insoddisfazione riguardo alla proposta negoziale che sarà portata domani al tavolo, all’esito del Consiglio Affari Generali riunitosi in vista del Consiglio Europeo.
L’Italia è un contributore netto dell’Unione e non è disponibile ad accettare un compromesso “ad ogni costo”, sebbene il nostro saldo netto negativo diminuirà sensibilmente con il prossimo Quadro Finanziario Pluriennale (da -0,27% del Reddito nazionale loro dell’Europa a 27, pari a circa 4,6 miliardi di contributo netto annuale, a -0,17% pari a circa 3 miliardi).
Nella sua proposta, il Presidente del Consiglio europeo assegna al bilancio risorse pari all’1,074% del RNL europeo, ovvero a circa 1.095 miliardi di € (a prezzi 2018): di fatto, si tratta della proposta finlandese (1.087 miliardi di euro), cui si aggiunge il Just Transition Fund di 7,5 miliardi, che recepisce per intero la richiesta che la Commissione europea ha presentato lo scorso 14 gennaio.
Per il rafforzamento del mercato interno registriamo un incremento della dotazione per il Programma Spaziale europeo e la definizione delle allocazioni del programma Erasmus + (21 miliardi di euro). Vengono esplicitate le risorse da destinare a Digital Europe (6,7 miliardi di euro) e a Invest EU (11,3 miliardi di euro), ma in misura ridotta rispetto alla proposta più valida formulata dalla Commissione nel 2018. Esse non tengono conto del ruolo fondamentale di questi strumenti nella promozione degli investimenti privati, in particolare a favore dell’innovazione e della transizione verde.
Permane inoltre la nostra insoddisfazione per l’ulteriore riduzione delle dotazioni di Horizon Europe, in particolare per la mancata compensazione dei tagli subiti dal Connecting Europe Facility nei suoi capitoli dedicati all’energia e al digitale. Quanto a sicurezza e difesa, ad un aumento della dotazione del Fondo europeo della Difesa la proposta associa un arretramento incomprensibile sul programma per la mobilità militare.
Quanto alla migrazione, il calo consistente delle risorse destinate a “Frontex” appare coerente con il nostro auspicio che mezzi e obiettivi siano proporzionati. Meritano supporto il nuovo strumento di cooperazione internazionale (il cui acronimo in inglese è NDICI) e la flessibilità necessaria al suo corretto ed efficace utilizzo, in un contesto geopolitico internazionale caratterizzato da crescente incertezza. L’Unione Europea deve assumere un ruolo più “profilato” come attore globale e - a tal fine - è indispensabile finanziare adeguatamente la cooperazione con il Vicinato, con il Mediterraneo e con l’Africa subsahariana.
La stabilità di queste aree è cruciale per la sicurezza di tutti. La cooperazione internazionale rappresenta un altro esempio concreto di come, mettendo in comune le risorse, si possono ottenere risultati migliori rispetto a quelli prodotti dalle iniziative individuali degli Stati membri. Vorrei soffermarmi ora su quanto la proposta negoziale di Michel prevede con riguardo alle politiche tradizionali, Coesione e Politica agricola comune.
Sulla Coesione, la proposta contiene alcune modifiche ai criteri di allocazione che in parte vanno incontro alle richieste che il Governo italiano ha avanzato a tutti i livelli, in coerenza con gli obiettivi di convergenza - economica e sociale - tra territori europei, che questa politica deve contribuire a raggiungere. Partiamo da una distribuzione di risorse che ridimensiona le allocazioni a favore degli Stati membri più ricchi e che tiene conto dell’effettiva evoluzione della crescita dei territori. Il mantenimento di una base statistica aggiornata per il calcolo delle allocazioni, la possibilità di definire a livello regionale i livelli di concentrazione tematica delle risorse da allocare agli obiettivi dell’Unione, l’aumento della quota di finanziamento a carico dell’Unione per le regioni meno sviluppate. Uno degli indicatori per noi più rilevanti, l’indice di prosperità relativa per le regioni meno sviluppate dei Paesi a medio reddito come l’Italia, è finalmente cresciuto, sebbene - a nostro avviso - in maniera ancora non sufficiente (di soli 5 centesimi di punto).
Tra gli aspetti negativi, devo menzionare l’ingiustificata riduzione del Fondo sociale europeo Plus, lo strumento principe attraverso il quale prevenire ed attutire gli effetti negativi della transizione - non solo verde, ma anche digitale - sul tessuto sociale europeo.
Tra i fondi di coesione avanza lo strumento per la competitività e la convergenza (BICC-Budget Instrument for Convergence and Competitiveness), che - grazie all’azione del Governo in sede negoziale - poggia su criteri allocativi condivisibili e a noi nel complesso favorevoli. L’Italia sarebbe beneficiaria netta di questo strumento, con un rientro di oltre il 17% (pari a oltre 2.2 miliardi di euro nel settennato). I fondi ottenuti tramite il BICC consentiranno di finanziare il programma nazionale di riforme strutturali e investimenti pubblici nel quadro del “Semestre europeo”. Il nostro giudizio positivo è tuttavia temperato dal fatto che la dotazione è modesta (12,9 miliardi di euro).
L’Italia pertanto insisterà affinché in futuro sia possibile un rifinanziamento che aumenti le risorse complessivamente disponibili e introduca una più robusta funzione di stabilizzazione. Allo stato attuale un elemento “stabilizzatore” risiede nella possibilità di ridurre il tasso di co-finanziamento nazionale in situazioni di grave contrazione dell'economia. Sulla rubrica di spesa dedicata alla Politica Agricola Comune nutriamo varie perplessità per la riduzione del Fondo per lo sviluppo rurale, che contribuisce, in modo determinante, alla modernizzazione del settore agricolo e agli obiettivi ambientali dell’Unione europea. Inoltre non vengono precisate le dotazioni per altri due strumenti di particolare importanza per il nostro Paese: il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e il Programma “LIFE”, che tutela la natura e le biodiversità. L’attenzione per lo sviluppo delle aree rurali, la tutela di un’agricoltura di qualità, tesa a ridurre il proprio impatto sul clima e sulla biodiversità, restano per noi obiettivi tutt’altro che obsoleti.
L’agricoltura mantiene un ruolo chiave nel sostenere il reddito degli agricoltori europei, in un contesto internazionale che ha visto questo settore fortemente penalizzato e privo di strumenti di compensazione efficaci. L’Italia ritiene che questo sostegno debba essere equo e, per questo, non intende appoggiare l’attuale meccanismo di allineamento dei pagamenti diretti tra gli Stati membri dell’UE, e la cosiddetta “convergenza esterna”, basata esclusivamente sull’estensione dei terreni agricoli. È un meccanismo inefficiente, poiché non tiene conto di un’articolata serie di parametri, come ad esempio la differenza nei costi di produzione e il differenziale tra reddito agricolo e reddito medio che si riscontra tra i diversi Stati membri.
Nella stessa rubrica, che include anche l’Ambiente, si registra infine l’istituzione del Fondo per la giusta transizione (il Just Transition Fund), la cui dotazione, pari a 7,5 miliardi di euro, coincide con quanto richiesto dalla Commissione Europea a gennaio a supporto del “Green Deal” europeo. L’Italia continuerà a sostenere il ripristino della revisione di medio termine del bilancio, indispensabile per adattare le decisioni attuali a situazioni future, alcune delle quali, al momento, non completamente prevedibili. Questa richiesta, avanzata anche dal Parlamento europeo, è motivata altresì dall’analisi che il Governo ha fatto circa gli aspetti relativi al finanziamento del bilancio pluriennale dell’UE.
Nella proposta del presidente Michel valutiamo positivamente il mantenimento della risorsa IVA e domani, al Consiglio Europeo, discuteremo i dettagli delle proposte per l’introduzione congiunta di nuove risorse legate alla tassazione della plastica non riciclabile e al sistema degli Emission Trading System.
Continuiamo a reputare inaccettabile il mantenimento del sistema di correzioni (sono i famosi “rebates”), che consente ad alcuni (dovrebbero essere cinque) tra gli Stati membri più ricchi di vedere artificialmente ridotto il loro contributo al bilancio europeo.
Unitamente alla maggior parte degli Stati membri dell’Unione europea, alla Commissione e al Parlamento europeo, il Governo italiano ribadirà la necessità di rivedere radicalmente il sistema delle correzioni che discendono dal “rebate” che venne concesso, vi ricorderete, al Regno Unito nell’ormai lontano 1984.
Un meccanismo obsoleto, iniquo e regressivo.
Ma vi è un altro punto fondamentale, che reputo ancora insoddisfacente nell’ambito dell’architettura del bilancio.
Abbiamo sempre affermato che il mezzo per ottenere un aumento delle risorse disponibili, affinché diventi credibile l’attuazione dell’Agenda Europea, risiede nella modernizzazione del bilancio dal lato delle entrate.
In altre parole, crediamo che sia necessario introdurre nuove forme di finanziamento capaci di assicurare il giusto contributo al benessere collettivo da parte delle grandi imprese del settore digitale, di chi sfrutta le differenze di tassazione negli Stati membri per evitare parte delle imposte, degli speculatori finanziari, dei grandi inquinatori.
Questo può avvenire, ad esempio, attraverso l’istituzione della nuova Border Carbon Tax.
Finalmente la proposta di Michel offre un’apertura condizionata a questa richiesta fondamentale, che mira a evitare ulteriori aggravi degli sforzi già richiesti ai cittadini europei e chiede a tutti i beneficiari dell’Unione di contribuire ai benefici che traggono dal Mercato unico.
Dopo tanta insistenza, dicevo, ritroviamo, nella proposta del Presidente del Consiglio europeo, la possibilità di intervenire, anche dopo il 2021 ma comunque nel corso del prossimo settennato, per istituire nuove risorse proprie europee, quando saranno adottate quelle regole comuni a cui stiamo lavorando intensamente e che sono volte, ad esempio, al contempo, a tutelare il Mercato unico dalla concorrenza di imprese di Paesi terzi con una normativa ambientale meno severa della nostra e ad affrontare il problema del dumping fiscale, anche interno ai confini dell’Unione, per non tacere del dumping sociale.
Nell’avviarmi a concludere, desidero ribadire che il nostro obiettivo è duplice: da un lato, permettere all’Unione ed agli Stati membri di affrontare le grandi sfide di portata globale, a partire dall’accresciuta instabilità geopolitica, dalla competizione economica, dal cambiamento climatico, dalle migrazioni; dall’altro lato, ci dobbiamo opporre ad un’idea di Europa ripiegata sugli interessi nazionali e dobbiamo piuttosto assicurare che ciascuno faccia la sua parte e che nessun cittadino sia lasciato solo nell’affrontare queste sfide.
L’Italia è pienamente consapevole di abitare, di essere parte di questa casa comune.
Ci rendiamo conto che non tutte le nostre priorità possono essere imposte agli altri e condivise dagli altri, ma non siamo disposti ad accettare, in nome di una rapida conclusione del negoziato, un bilancio europeo insufficiente per il futuro dei nostri cittadini.
Saremmo infatti in presenza di una sconfitta non meramente di natura contabile, ma più squisitamente politica dell’idea stessa di Europa e della sua capacità di offrire soluzioni e risposte soddisfacenti.
Mi riferisco a quelle soluzioni e a quelle risposte suscettibili di contribuire a eliminare i divari di crescita - economica e sociale - all’interno del continente: soluzioni e risposte in grado di rendere l’Unione capace di dare l’esempio, di affrontare, con coraggio e determinazione, le sfide e le criticità dell’attuale globalizzazione.
Come è noto, fu espresso un primo apprezzamento di massima verso il programma preannunciato dalla presidente von der Leyen di fronte al Parlamento europeo.
Intravvedemmo allora il sincero proponimento della neo-Presidente di imprimere, a fronte delle note sfide globali, un ambizioso salto di qualità alla politica dell’Unione.
Di fronte a questa proposta di bilancio del Presidente del Consiglio dell’Unione Europea, la nostra iniziale insoddisfazione muove esattamente dalla constatazione che di tale ambizione resta poca traccia; e l’ho detto chiaramente nel corso dell’incontro anche alla Presidente della Commissione Europea.
Registriamo certamente qualche progresso, ma di ambizione, francamente, ne rinveniamo ben poca.
Auspico dunque che le complesse discussioni e le conseguenti determinazioni che attendono me e i miei omologhi europei, al Consiglio Europeo straordinario di domani, consentano di far avanzare il negoziato in direzione di un’Europa forte al suo interno e nei confronti degli altri attori globali, verso un’Europa, quindi, che trovi il coraggio per realizzare un futuro migliore per i suoi cittadini e per le generazioni che verranno.
Grazie.









