
Carpacci e... Annamaria Clementi 2002
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Esplorare il pianeta del gusto nelle sue infinite sfaccettature è l’inclinazione naturale di ogni palato gourmet.
A ’Casa Marino’ la ricerca dell’inedita piacevolezza è pregiudiziale essenziale e presupposto ineliminabile che sottende ad ogni iniziativa.
Alla ’roulette’ dei sapori,spigolando fra miriadi di possibilità,la pallina lanciata dal ’croupier’ Antonio si è fermata stavolta su di una specialità da noi quasi del tutto
trascurata:i ’carpacci’.
Il nostro pensiero non può non andare e rendere doveroso omaggio all’inventore di questa finissima ed elegantissima preparazione gastronomica:Giuseppe Cipriani.
Era il 1963 a Venezia ed il ’patron’ dell’Harry’s Bar realizzò questo piatto per stupire l’amica contessa Amalia Nani Mocenigo e quanti affollavano il suo locale.Decise poi di chiamarlo ’carpaccio’ per onorare il celebre pittore veneziano di cui si teneva’proprio in quei giorni’.una mostra di quadri.
Nato come un modo originale di conciare e servire carne di vitello cruda e freschissima,il concetto di ’carpaccio’ si è esteso anche al pesce.
Da qui l’idea di procacciarsi tonno e ’spada’ al naturale,in una lavorazione delicata e raffinatissima,e farne i protagonisti di una cena.
L’estro creativo dello chef Antonio Marino’è stato’se possibile’messo a più dura prova:aggiungere valore ad una bontà di partenza già molto elevata.
Stavolta eravamo in cinque attorno al desco:Antonio Lioce,Fabio Guzzo,Roberto Pontone,lo ’chef’ ed il sottoscritto.
Una sequela di vini bianchi intriganti hanno richiesto un dispiegamento di portate articolato e completo.
Al Bianco Marche Travicello 2007 del conte Ottavio Piccolomini ,corposo ed austero,il compito di un facile abbrivio per innaffiare lo sfizioso antipasto di frittatine di asparagi e patate con contorno di ’ciambotto’ di peperoni,pomodorini e capperi.La mediterraneità nella sua veste più immediata ed appagante.
Il Sylvaner 2007 di Gruss,col suo esile afflato minerale,ha fatto da sponda ad un ’primo’ ricco di mare.Un sughetto di asparagi e vongole veraci avvolgeva le orecchiette sormontate da scenografici scampi.
La soavità dei ’carpacci’ è stata affidata alla carezza esotica e floreale di un misterico campano:Doceassaje 2009 di Vinosia.Che bontà i ’carpacci’!Un delicato pesce spada ed un sapido tonno adagiati su di un letto di rucola e lievemente macchiati da una crema di aceto balsamico:un’autentica prelibatezza!
Il finale ci ha riservato il ’botto’ e richiede un’adeguato preambolo per introdurre il nettare principe della seratà
Per realizzare un grande vino cos’è più importante’
L’uomo o il ’terroir’’
Se fossimo in Francia,dove il concetto di contesto pedo-climatico è ammantato di religiosità,saremmo propensi ad affermare il primato della Natura.
In Italia la storia del vino parla soprattutto di grandi uomini.
Basti pensare all’affermazione del territorio di Bolgheri dove prima dell’avvento del Sassicaia,creatura di Giacomo Tachis fortemente voluta dal Marchese Incisa della Rocchetta,si tenevano coltivazioni diverse dalla vite;o al successo dei vini di Romano Dal Forno in Valpolicella,in una zona mai prima di Lui considerata particolarmente vocata.
Il più grande miracolo dell’umano vinificare in Italia è senza dubbio l’’invenzione’ della Franciacorta.
Uno stuolo di vignaioli visionari ed imprenditori illuminati nel giro di mezzo secolo hanno trasformato un’anonima zona vitivinicola in uno dei comprensori spumantistici più importanti del mondo.
E con la creatura più prestigiosa del più brillante di tutti,Maurizio Zanella’anima pulsante e pensante di ’Cà del Bosco’,abbiamo concluso l’ennesimo evento di ’Casa Marino’.
Dagli anni ’80 l’Annamaria Clementi è senza alcun dubbio il più suggestivo e seducente degli champenois italiani.E’ il prodotto che più di ogni altro si avvicina agli standard dei top-champagnes d’oltralpe.
L’uvaggio è quello tipico della Champagne,dove al Pinot meunier si sostituisce il nostrano Pinot bianco.
La scelta del millesimo è caduta sull’ultimo nato,dopo sette anni sui lieviti:Annamaria Clementi 2002.
Il colore è cangiante sulle tonalità dell’oro.
La spuma e il perlage sono perfetti.
Gli elementi che compongono il bouquet,tutti di finissima trama,sembrano volteggiare nell’aria come uno stormo di uccelli e assumere varie forme,fondersi e poi separarsi.
Emergono note di pane,frutta esotica,agrumi,kiwi,erbe selvatiche,sussurrata tostatura e mineralità.
Al gusto riempie.
Succulenze sapide e carnose sostengono una complessità disorientante,tali e tanti sono i suggerimenti analogici intrappolati nella cavità orale.Un lunghissimo retrogusto consente di analizzarli lentamente.
Lampi di freschezza,innervati in un’impianto compiutamente terziario,balenano a tratti a regalare ancora brividi di gioventù.
Che splendido spumante metodo classico!
In Italia non vi è pari costanza nell’eccellenza.
Le impressioni regalate dagli altri vini,dai cibi’sembrano adesso svanite nel nulla.
ROSARIO TISO
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